Continuano a vincere in tribunale i medici ex specializzandi che hanno chiesto il risarcimento allo stato per le borse non percepite. Due sentenze, una della Corte d’Appello di Roma 7018/18 e l’altra del Tribunale di Roma 22401/18 hanno dato ragione a 234 ricorrenti del periodo 1978-1991, che non avevano percepito il dovuto tra il 1983 e il 1991. Il risarcimento che la presidenza del consiglio è chiamata a versare deriva dalla mancata attuazione delle direttive comunitarie: la borsa di studio non è stata pagata del tutto. Esiste una successiva categoria di ex specializzandi che dallo stato italiano hanno percepito la borsa di studio ma senza contributi previdenziali e coperture (anche assicurative) degne di un contratto vero, dal 1993, da quando, grazie alla nuova normativa europea, erano stati rivisti i contenuti della borsa. Di qui altri ricorsi, per un problema sanato solo dopo il 2006: in questa coorte 1993-06 sono interessati, secondo le stime Consulcesi, fino a 56 mila specializzandi che potrebbero chiedere allo stato 10 miliardi di euro di risarcimenti. Sia per la prima sia per la seconda coorte, il pool di avvocati con sede a Roma ha aperto una nuova azione collettiva con scadenza domani 14 dicembre.
Il presupposto delle nuove azioni di recupero è che il diritto a ricorrere non è ancora prescritto. Se un’impostazione giurisprudenziale fa scadere i termini al 20 ottobre 2017, a 10 anni dal recepimento della direttiva 2005/36/CE che ha sancito il diritto ad adeguata retribuzione dello specializzando ed è stata applicata in Italia da regolamenti nell’autunno 2007, un’altra impostazione -che si sostanzia nel parere del giudice di Cassazione Sergio Di Amato – fa decorrere la prescrizione da maggio 2011 perché solo quell’anno le sentenze di Cassazione hanno dato un quadro giurisprudenziale chiaro ai potenziali ricorrenti. Nel 2005, argomenta Di Amato ripreso da Consulcesi, era infatti stato sancito che il ricorso non va fatto al Tar ma al giudice ordinario, nel 2009 era stato chiarito che l’azione è per responsabilità contrattuale dello stato italiano e dunque la prescrizione del diritto a risarcimento in capo all’ex specializzando è decennale, e nel 2011 era arrivata la sentenza 1831 della Cassazione con cui era stata indicata la Presidenza del Consiglio per rivolgere richiesta di risarcimento. La stessa sentenza aveva affermato che, se frequentando il corso si è fatto qualche lavoretto, il diritto a chiedere la borsa integrale non va perduto. Sulla base delle sentenze vagliate dalla Cassazione, gli avvocati Consulcesi ravvisano chance consistenti di veder risarciti pure i ricorrenti 1993-06 che, pagati solo in parte, non hanno potuto dedicarsi in toto alla formazione pratica e teorica, affrancati dalle preoccupazioni esistenziali, cioè da preoccupazioni economiche che li allontanassero dall’obiettivo di dedicarsi interamente alla specializzazione.